Giorno Pagano Europeo della Memoria

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GLI INNI AGLI DÈI DI GIORGIO GEMISTO PLETONE

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Giorgio Gemisto Pletone (1355-1454) è una figura poco conosciuta dell’umanesimo greco, ma nonostante questo ebbe molta influenza sul Rinascimento occidentale. Tra gli umanisti, fu tra i primi neoplatonici, ma mentre altri e più noti neoplatonici tentarono di far rientrare le dottrine di Platone in un contesto cristiano, Gemisto Pletone si inventò un neoplatonismo pagano. Certo, è difficile parlare di paganesimo vero e proprio per Pletone, anche se Woodhouse, uno dei pochi a studiare questa figura, lo chiama l’ultimo degli elleni; questo perché comunque dietro l’idea che ha Pletone di uno Zeus onnipotente e creatore di ogni cosa si intravede il dio monoteista e perché l’interpretazione degli dèi classici è assolutamente originale.

Ma Pletone pensa ad una vera e propria comunità filosofico-religiosa, che pratichi il culto degli dèi: da onorarsi anche nelle maniere antiche, ad esempio attraverso gli inni. Gli inni scritti da Pletone si trovavano nel quasi perduto libro Trattato delle leggi, sopravvissuto in frammenti consistenti in un manoscritto della biblioteca imperiale, raccolti da Charles Alexandre nel 1858 e tradotti in francese. Come scrive Alexandre nell’introduzione alla sua raccolta, all’inizio lo scopritore del manoscritto, il filologo Vincent, era convinto di aver trovato la descrizione di un rituale dell’antichità; solo in un secondo momento e con la collaborazione di Alexandre si capì di cosa effettivamente si trattasse.

Solo di recente è comparsa la traduzione italiana dell’opera di Alexandre; per la traduzione di questi inni (per il momento privi di commento), volevo all’inizio basarmi sul testo francese con l’appoggio del testo originale greco. Proseguendo però con la traduzione, mi sono accorta che spesso e volentieri il traduttore francese ha messo del suo nella traduzione, traducendo con due parole o un’espressione una parola del testo greco, dando quindi un significato leggermente diverso al testo. Ad esempio: nel primo inno la parola greca che significa ‘primo’ o ‘più antico’ viene tradotta con ‘primo e universale’. Senza tradurre dal greco nuovamente, anche perché si tratta di greco del XIV secolo, diverso da quello antico, ho confrontato le parole del testo greco con quelle della traduzione francese, per restare più aderente al testo originale. Ho anche lasciato nella versione greca i nomi degli dèi, che Alexandre riporta invece con il corrispettivo romano.

Leggendo questi inni, si potrebbe dire che non era il caso di inserirli nella sezione che parla di "rinascite" del paganesimo: leggendoli, in effetti, per essi si potrebbe anche parlare di appropriazione della mitologia classica da parte di un pensiero che è di fondo monoteista (un dio creatore, onnipotente e sovrano, tanto per dirne una). Tuttavia qualcosa va riconosciuto alla volontà di Pletone di tornare ad un culto antico di cui poco si sapeva; comunque la concezione che il neoplatonesimo rinascimentale ha della religione antica continua nel bene e nel male ad influenzare alcune riprese moderne del paganesimo. Bisogna quindi conoscere anche questa corrente, per sapere esattamente di cosa di sta parlando.

Secondo quanto scrive Pletone nel Trattato delle leggi e secondo la prassi delle comunità monastiche, gli inni vanno recitati al risveglio, a metà giornata e tra il pranzo e il tramonto. La loro recitazione è preceduta da un annuncio, fatto da un "araldo sacro" scelto tra i venerabili della comunità: "Ascoltate, voi tutti che onorate la divinità; è l’ora di rivolgere agli Dèi la preghiera del mattino (o del mezzogiorno o della sera). Invochiamo gli Dèi con tutto il nostro cuore, con tutto il nostro spirito, con tutta la nostra anima; invochiamoli tutti e soprattutto Zeus che regna su di loro". Segue una coreografia abbastanza complicata, in cui i membri della comunità si inginocchiano invocando gli Dèi, poi mettono a terra prima la mano destra e alzano un ginocchio, sempre recitando formule, fanno lo stesso ma con la mano sinistra a terra e infine si prostrano invocando il favore di "Zeus re".

Dopo le invocazioni e prima degli inni, in questo complesso rituale compaiono anche delle ‘allocuzioni’, una sorta di preghiere interlocutorie in cui si ringrazia una divinità ma soprattutto si spiega la visione filosofica della mitologia, una sorta di catechismo da ripetere ogni giorno: c’è un’allocuzione per il mattino, tre per il mezzogiorno e una per la sera. Alle allocuzioni seguono gli inni, anche questi da recitarsi non a caso, ma secondo criteri di scelta ben precisi: prima l’inno mensile, poi l’inno quotidiano adatto alla celebrazione e infine l’inno annuale a Zeus, eventualmente preceduti dall’inno sacro appropriato nei giorni sacri.

I testi degli inni

Bibliografia

Manuela Simeoni

 

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