Giorno Pagano Europeo della Memoria

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CARMEN CONTRA PAGANOS

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Con il nome di Carmen contra paganos (poema contro i pagani) vengono definiti 122 versi che giungono a noi in un'unica copia, allegata ad un manoscritto di un'opera di Prudenzio. Si tratta di un poema anonimo diffamatorio nei confronti della religione romana, composto contro un prefectus urbis di Roma; il nome di questi non è riportato, ma poiché il carmen si può datare all'ultimo terzo del quarto secolo, si tende a identificare questo bersaglio in Vettio Agorio Pretestato, che fu strenuo difensore della religione antica, o in Virio Nicomaco Flaviano, collaboratore dell'usurpatore Eugenio e fautore della propaganda pagana in favore di quest'ultimo che pure era cristiano e contro Teodosio. Entrambi appartenevano alla cerchia di Simmaco, altro noto difensore della religione di Roma antica.

Con il Carmen siamo quindi negli anni '80 del quarto secolo: se in Oriente abbiamo Teodosio che ha appena proclamato il cristianesimo religione di stato, in Occidente è appena morto (383) Graziano, oppositore del paganesimo, e a lui succede Valentiniano II cui Simmaco presentò la petizione per il ritorno dell'altare della Vittoria al Senato. Sono anche gli anni in cui Ambrogio da Milano dispiega tutta la sua influenza su entrambi gli imperatori e gli anni dell'ultimo tentativo, da parte dell'aristocrazia pagana, di restaurare culti antichi, basandosi necessariamente sull'apparenza e sul significato civico delle cerimonie o sul prestigio delle iniziazioni e perciò non riuscendo a raggiungere un risultato veramente duraturo. Questo periodo si concluderà poi con la battaglia del Frigido tra Teodosio ed Eugenio, quest'ultimo considerato usurpatore, cristiano ma messo sul trono dall'aristocrazia pagana e pronto a stabilire una pacifica convivenza tra le due religioni. Il Carmen sarebbe una reazione a quest'ultima rinascita pagana.

Questa è la datazione più probabile per questo componimento; secondo altri studiosi ci si riferisce ad un'altra rinascita pagana, quella, più debole, del 407-8, di cui fu protagonista un altro praefectus urbis Romae, Pompeiano. Questa seconda ipotesi è basata sul riscontro nella realtà storica di alcuni eventi cui si accenna nel Carmen; trattandosi però solo di accenni, non è possibile confermarla del tutto. Inoltre le pratiche in cui si accusa il prefetto di essersi fatto coinvolgere sono più adatte ad un impegnato Flaviano, la cui vicenda finì in armi con la battaglia del Frigido, che non ad un Pompeiano, meno entusiasta nel riproporre gli antichi riti. La controversia sulla datazione del Carmen è riassunta nell'articolo di Matthews che trovate citato tra le opere consultate per questo articolo, in fondo alla pagina.

Il Carmen si apre con l'attacco immediato a chi pratica quei culti, poiché onorando "la sorella sposata con il fratello" giustificherebbero ogni cosa impudica e disonorevole, ma l'autore punta il dito, alternativamente, sulla questione morale e su questioni teologiche, comuni alla letteratura antipagana contemporanea, e politiche: come può Giove essere invocato dai pagani per la salvezza, se poi anch'egli è soggetto al fato? Come possono gli Dèi essere guida degli uomini, come possono ispirare la retta condotta che i senatori dovrebbero avere se sono così licenziosi e litigiosi?

La polemica del Carmen procede in due direzioni: una è quella di ridicolizzare sia le divinità a causa dei miti che le ritraggono in situazioni 'non consone' al loro status sia le pratiche 'spettacolari' come i taurobolia, i rituali di Cibele, ecc. cui partecipano i pagani in generale e il senatore in particolare; l'altra è quella di vedere dietro queste stesse pratiche la volontà diabolica di allontanare altri cristiani dal culto 'giusto'.

Leggi la nostra traduzione del testo del Carmen contra paganos

La questione contro i culti pagani è mal posta: si sfruttava una tendenza di una parte stessa dei pagani, filosofi per primi, a giustificare certi episodi poco edificanti dei miti. Si assumeva il principio che la divinità dovesse essere l'esempio, il modello a cui aspirare, pertanto nell'attribuire valore metaforico ai miti si tentava di scusarne con un po' di vergogna il contenuto. E' vero che il mito è in sé una metafora, ma è più corretto dal punto di vista religioso separare quella che è la divinità, che viene percepita nel mondo e con cui si interagisce, dalla sua descrizione mitologica, che è pur sempre un prodotto razionale e ricorre a metafore per spiegare qualcosa che va in parte al di là della ragione. Anche la critica ai sacrifici cruenti o alla credenza superstiziosa in pratiche straniere o misteriche o l'attesa passiva della salvezza da parte degli Dèi provengono da polemiche già interne al paganesimo, che gli autori cristiani delle invettive riprendono ed estremizzano.

Ma queste sottigliezze interessano più i pagani, e in particolar modo quelli attuali che devono far fronte alle stesse osservazioni da duemila anni a questa parte: lo scopo del Carmen è quello di evidenziare l'indegnità del suo bersaglio, tramite l'indegnità del suo comportamento, e dipingere le pratiche pagane come un'accozzaglia di riti crudeli, immorali e superstiziosi, senza contesto e evitando accuratamente ogni comprensione dei significati religiosi. La maggior parte delle critiche al paganesimo che vengono fatte ancora oggi sono dello stesso tenore: in particolar modo occorre prestare attenzione al tentativo di applicare una concezione teologica cristiana o monoteista in generale (l'onnipotenza degli dei, l'ineluttabilità del fato inteso come predestinazione immutabile, un concetto di virtù che non appartiene a tutti i paganesimi…) alla critica del politeismo.

Opere consultate

Manuela Simeoni

 

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