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Pretestato figura di spicco del paganesimo del IV secolo

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Non mi soffermerò qui sull'intera carriera di Pretestato e mi concentrerò invece sul suo lavoro a sostegno della religione precristiana, in un periodo in cui il potere imperiale era già cristiano, salvo la breve parentesi del regno di Giuliano. In questo periodo la parola superstitio, che indicava una pratica religiosa impropria, scorretta o eccessiva, passò a designare i culti pagani tout-court, prima in maniera implicita, lasciando all'interpretazione l'ultima parola su cosa effettivamente fosse la superstizione vietata dalle leggi, poi in maniera esplicita. La reazione pagana tardò a venire e non fu mai sistematica, perché le prime pratiche vietate, i sacrifici e la divinazione privati, erano considerate dai pagani stessi suscettibili di virare verso l'eccesso e quindi la superstizione, mentre i sacrifici pubblici e la divinazione ufficiale erano considerati servizi alla collettività. Tali leggi aprirono comunque la possibilità ai governatori cristiani per l'uso della legge contro le manifestazioni del culto pagano. Fino a Graziano, gli imperatori anche cristiani mantennero il titolo di pontifex maximus e finanziarono le festività pubbliche; in seguito anche Teodosio allargò la sua azione repressiva dall'eresia cristiana ai culti pagani. Ma a questo punto, Pretestato era già morto.

In vita, Pretestato si mosse quindi in un contesto in evoluzione, con imperatori cristiani che ancora necessitavano del sostegno degli aristocratici pagani e quindi emanavano leggi tendenzialmente moderate. Tuttavia, Pretestato dovette sentire l'avanzata del monoteismo e forse presentì il cambiamento prossimo, dato il modo intenso in cui si applicò a sostenere le manifestazioni del culto antico. Secondo l'iscrizione sulla base del suo monumento funebre (CIL VI 1779), Pretestato fu augure, pontefice di Vesta, pontefice del Sole (membro cioè del collegio sacerdotale costituito da Aureliano quando riformò il culto del dio Sol), quindecemviro del collegio addetto alle faccende sacre. Quest'ultima era una carica di particolare importanza, perché i membri di tale collegio, tra le altre cose, rappresentavano lo stato romano nelle cerimonie religiose e sovrintendevano all'introduzione e al mantenimento dei culti di divinità non romane.

Come Pontefice di Vesta, Pretestato lasciò probabilmente un cospicuo finanziamento alla sua morte perché il collegio delle Vestali e il relativo culto continuassero. Negli ultimi anni della vita di Pretestato, l'imperatore Graziano cancellò progressivamente i finanziamenti ai culti pagani e dal momento che le Vestali alla morte di Pretestato vollero innalzargli una statua in segno di ringraziamento, ottenendo di poterlo fare anche contro il parere di Simmaco, è logico supporre che la sopravvivenza del culto fosse in buona parte debitrice a Pretestato, almeno fino alla chiusura ufficiale di tutti i culti con spegnimento del fuoco sacro di Vesta (nel 394, dopo la parentesi filopagana del regno di Eugenio che fermò l'esecuzione degli editti teodosiani). La moglie di Pretestato volle ricambiare la gratitudine della Vestale massima che ottenne di erigere una statua del defunto pontefice, erigendo a sua volta una statua alla Vestale.

Pretestato fu anche sacerdote di Ercole, il cui culto si era progressivamente legato a quello del Sole, con cui alcuni autori tardi, come Macrobio, lo identificano (compare inoltre nella teologia neoplatonica di Giuliano come incarnazione del Logos e sugli stendardi innalzati da Eugenio nella battaglia del Frigido); partecipò a numerosi culti misterici, tra cui quelli eleusini, i misteri di Dioniso, di Mitra, della Magna Mater e di Ecate. La moglie Paolina fu iniziata ai misteri di Cibele, Ecate e Demetra.

Questo accumulo di cariche e iniziazioni può apparire eccessivo o addirittura ridicolo agli occhi dei moderni, ma questo è solo perché applichiamo alle religioni antiche concetti ad esse estranei e di origine monoteista: questa è anche la prospettiva dalla quale il Carmen contra paganos critica l'aristocratico oggetto della sua satira, forse lo stesso Pretestato. La carica sacerdotale è, nella religione romana, in primo luogo una magistratura, quindi una questione di prestigio da un lato e di servizio alla comunità dall'altro. Assumere una carica religiosa era una forma di impegno politico e doveva esserlo ancora di più in un contesto in cui la sopravvivenza degli antichi culti, e perciò di una parte importante dello Stato romano, era minacciata. In ogni caso, non si tratta di una novità del periodo, ma di una tendenza tradizionale, tipica dell'aristocrazia senatoriale, cui Pretestato apparteneva, osservabile anche per quanto riguarda le cariche civili.

Pretestato si impegnò anche nella salvaguardia degli edifici di culto pagani: fece restaurare il portico degli Dei Consenti durante il periodo in cui ricoprì la carica di prefetto della città di Roma e come prefetto pretoriano ottenne dall'imperatore Valentiniano II il conferimento al prefetto della città di Roma (all'epoca Simmaco) del potere di indagare sul saccheggio degli edifici pubblici, inclusi i templi pagani. Non potendo colpire direttamente Pretestato, in quest'occasione i suoi nemici politici tentarono di accusare Simmaco di scorrettezze verso i cristiani; Simmaco però aveva l'appoggio del vescovo di Roma Damaso, che a sua volta era stato sostenuto da Pretestato contro Urbano nella controversia per il vescovato di Roma. Da questo si capisce come il confine netto fra cristiani e pagani non fosse ancora stato tracciato all'interno della classe senatoriale che continuava ad identificarsi principalmente nella propria appartenenza "civica" più che in quella religiosa.

Più complicato è il discorso sulle possibili idee religiose di Pretestato: il dibattito su queste risente delle difficoltà di trasmissione e interpretazione dei concetti religiosi antichi, inclusi quelli neoplatonici che pare fossero molto in voga tra le classi alte della tarda antichità. Non è certo il caso qui di allargare il discorso alla ricezione e trasmissione degli scritti filosofici sugli Dèi, da Platone in poi, che spesso sanno molto di monoteismo ma non è chiaro se effettivamente andassero in quella direzione o se così ci sono state trasmesse da autori monoteisti o ancora se le interpretiamo così noi moderni cresciuti in un ambiente monoteista che non conosce altro da sé.

Certamente Pretestato venne in contatto con il neoplatonismo; secondo alcuni studiosi fu vicino all'imperatore Giuliano, com'è logico che fosse essendo Giuliano il primo imperatore pagano dopo una sequenza di regnanti cristiani e Pretestato un esponente di spicco dell'aristocrazia senatoriale pagana. Secondo altri, i rapporti tra Giuliano e i senatori romani, anche pagani, non erano dei migliori e dalle Storie di Ammiano si dedurrebbe che Giuliano fosse considerato dai pagani romani un "ellenizzatore" dei culti tradizionali più che il restauratore del paganesimo. Un altro personaggio di spicco dell'epoca che fu probabilmente in contatto con Giuliano è il retore e filosofo Temistio di Costantinopoli, la cui filosofia si colloca a metà tra Aristotele e Platone (alcuni studiosi lo considerano prevalentemente un peripatetico, altri un tardo medio platonico) e che ricoprì incarichi pubblici, cosa rara per un filosofo greco in un'epoca in cui i neoplatonici si ritiravano invece dalla vita politica. Le idee di Temistio a favore della pluralità religiosa riecheggiano le tesi di Simmaco a difesa dell'altare della Vittoria in Senato ed entrambi sembrano ricollegarsi a Porfirio, che sosteneva che alla verità era possibile giungere in diversi modi e che non vi poteva essere un modo universale per rivolgersi alla divinità, dal momento che questa non poteva essere compresa o espressa con parole umane.

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