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MARTE NELLA RELIGIONE GALLO-ROMANA

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In un'altra pagina abbiamo parlato della differenza tra Ares e Marte come espressione della differenza di visione del mondo dei Greci e dei Romani, differenza che si riflette anche nella lingua; in questa parleremo di come il dio romano Marte sia stato affiancato a diverse divinità celtiche e come questo ci aiuti a capire sia l'uno che l'altro paganesimo.

Quando i Celti sono venuti in contatto con i Romani, al di là degli scontri per la conquista dei territori, c'è stato anche uno scambio culturale tra i due popoli. L'imposizione della religione non esisteva: non vi fu nessun tentativo di cancellare gli Dèi celti. Esisteva invece quella che gli studiosi moderni chiamano interpretatio: la ‘traduzione' di un dio da una cultura all'altra. Se un dio pagano così come viene descritto dagli uomini è il risultato di una percezione del mondo, allora è un concetto e come tale può essere tradotto, anche se poi la traduzione non è esattamente coincidente. In qualche caso infatti, per esprimere un concetto che può essere espresso in una sola parola in una lingua, ne occorrono due dell'altra: questo succede sia per le parole comuni sia per gli Dèi. Teutatis ed Esus, due dei celti di grande importanza, sono stati assimilati nel tempo sia a Marte che a Mercurio. Evidentemente nessuno dei due Dèi romani era esattamente equivalente al dio Celtico, perciò, visto che il nome aveva un'importanza relativa, per i Romani non era sbagliato chiamarlo una volta con un nome e una volta con un altro.

I contatti tra i Celti e i Romani furono certamente precedenti alle grandi battaglie condotte da Cesare per la sottomissione della Gallia. E' vero che Cesare è il primo a scrivere sull'interpretatio degli Dèi celti, ma probabilmente nei fatti l'interpretatio precede il racconto di Cesare che non è molto attendibile per quanto riguarda la religione celtica. Cesare non era particolarmente interessato ad approfondire l'argomento: a lui importava solo il risultato della conquista, da far valere in senato, e fu anche responsabile di voci diffamatorie nei confronti della religione dei Galli, voci che non hanno mai trovato conferma nell'archeologia.

Se quindi le voci letterarie romane sono di parte, dobbiamo ricorrere all'archeologia e all'epigrafia per capire come Marte entra nella religione celtica o meglio nella religione gallo-romana. La religione gallo-romana nasce dal forte legame che si forma tra i nomi romani degli Dèi e i nomi o gli appellativi attribuiti agli Dèi celti. E' bene ricordare che questa religione non deriva da un'imposizione sotto la quale sarebbero continuati, clandestinamente, i culti celti, ma da una fusione vera e propria: non dimentichiamo infatti che quando Roma già era cristiana, la Gallia rimase uno dei baluardi dell'antica religione.

Questa fusione è 'utile' a noi che vogliamo guardare a quelle religioni perché ci aiuta a capirle: essendo avvenuta tra culti praticati e non a livello letterario ci fa capire il significato originario del dio Marte al di là della sua relazione con il greco Ares, mentre il fatto che la tradizione romana comportasse la costruzione di templi con iscrizioni ha favorito le testimonianze dei culti giunte fino a noi, spesso di epoca imperiale e quindi ci aiuta, in parte, a capire alcuni tratti della religione celtica.

Presso i Celti Marte è un dio delle battaglie, ma spesso è anche il dio protettore di un luogo, ad esempio una montagna, o di una popolazione: questo ci ricorda l'antico appellativo di "padre" che gli era rivolto a Roma e la cerimonia del Ver Sacrum, in cui i giovani uomini di una popolazione venivano consacrati al Dio e lasciavano il villaggio per fondarne uno nuovo, spesso seguendo un animale a lui sacro, da cui prendevano il nome. Secondo la leggenda, questa sarebbe l'origine dei Piceni (da picus, picchio in latino, sacro a Marte), dei Marsi, dei Frentani, dei Marrucini, tutte popolazioni italiche.

Qualche volta il Marte gallico è anche associato alla guarigione, in particolare delle malattie agli occhi e più di rado a culti celesti: i sacerdoti Salii a Roma, che danzavano vestiti da guerra in onore di Marte, avevano tra i loro canti uno che si rivolge ad un dio con il nome di "Leucesie", che significa "luminoso", il quale "tuona", facendo tremare gli dei; per questo dio si è pensato anche a Marte. Inoltre, nel tempio di Marte era conservato il Lapis Manalis, una pietra sacra di cui ci parla Festo, un grammatico latino del II secolo, di origini galliche, usata durante alcuni sacrifici a Giove per propiziarsi la pioggia.

Nella religione gallo-romana Marte fu comunque un dio importante, associato a diversi dei o a nomi generici di divinità di origine celtica, di volta in volta con diverse caratteristiche. Vediamo alcuni esempi:

Testi consultati

Manuela Simeoni

 

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