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ANNOTAZIONI SU GIULIANO IMPERATORE

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L'articolo che segue è stato pubblicato per la prima volta su "Vox Carmentis " , bollettino della Federazione Pagana, nel numero speciale uscito in occasione del congresso WCER del 2005; la versione estesa dell'articolo è disponibile sul sito web dell'autore

 

Mi pare opportuno esporre a tutti gli uomini i motivi per i quali io sono convinto che la macchinazione dei galilei è un inganno messo insieme dalla milizia umana. Pur non avendo niente di divino, ma anzi sfruttando quella parte dell’anima che è incline alle favole, infantile e irrazionale, essa ha indotto a ritenere verità un racconto mostruoso.

Così comincia "Contro i galilei" di Giuliano.

Innanzitutto: chi è Giuliano?

Flavio Claudio Giuliano nacque nel 331 a Costantinopoli, nipote di Costantino il Grande e figlio di minore di Giulio Costanzo e di Basilina. Nel 337 sfuggì con il fratellastro Costanzo Gallo all’uccisione dei suoi famigliari eseguita per ordine dell’imperatore cristiano Costanzo II. Fu battezzato e subì, sotto stretta sorveglianza in Cappadocia, un’educazione cristiana ma non nascose mai la sua ammirazione nei confronti delle antiche divinità. Ebbe libertà di movimento verso i vent’anni quando Costanzo II, rimanendo l’unico a capo dell’impero, nominò Costanzo Gallo suo "cesare". Tornò a Costantinopoli, poi andò a Nicomedia, dove seguì di nascosto gli insegnamenti di Libanio, poi andò a studiare a Pergamo e poi ad Efeso, dove abiurò il cristianesimo (per questo gli fu dato da Fozio l’appellativo di "Apostata") e approfondì il neoplatonismo e le antiche religioni. L’imperatore Costanzo II fece uccidere Costanzo Gallo, l’unico familiare ancora in vita di Giuliano e fece relegare Giuliano a Milano. In seguito, Giuliano ebbe il permesso di recarsi ad Atene, dove poté farsi iniziare ai misteri eleusini. Nel 355 fu nominato "cesare" e sposò Elena, sorella di Costanzo. L’ imperatore lo inviò subito nella Gallia minacciata dai Franchi e dagli Alemanni (probabilmente per sbarazzarsi di lui, visto l’arduo compito e vista l’inesperienza di Giuliano). Anche in questo caso Giuliano rivelò capacità inaspettate: con la difesa di Sens nel 356 e con la grande vittoria di Strasburgo nel 357, assicurò i confini della Gallia e con varie riforme ne migliorò l’amministrazione. L’ acclamazione ad "augusto" da parte delle truppe a Parigi e la morte di Costanzo II fecero di Giuliano, nel novembre 361, l’unico imperatore. Appena divenne imperatore allontanò da corte certi funzionari "parassiti", ridiede ai cittadini la libertà di culto, diede protezione a chi volle ricostruire gli antichi templi, diede immediatamente agli ebrei la possibilità di riedificare il tempio a Gerusalemme e permise il confronto e lo scontro tra cristiani ortodossi e ariani purché non interferissero con la politica dell’impero. Durante il suo impero continuò in questa direzione: fece restaurare i templi, riorganizzò i sacerdozi, riformò l’amministrazione dello stato, tolse i privilegi che, prima con Costantino e in seguito con Costanzo, avevano acquisito i cristiani (da lui chiamati "galilei") sia ariani che ortodossi nei confronti delle altre correnti religiose e filosofiche (come ad esempio le esenzioni sulle tasse per la proprietà e i templi pagani trasformate in chiese dai cristiani), infine permise anche ai pagani di poter accedere all’insegnamento ed alle alte cariche senza essere discriminati come prima.

Giuliano, prima di prendere una decisione in campo legislativo, ascoltava un po’ tutti, anche i consiglieri della più piccola cittadina. Voglio dare un esempio della sua attenzione nei confronti delle singole città con un fatto narrato nel suo "Misopogone" (369): ad Antiochia impose un calmiere sui prezzi in modo che i venditori non potessero spennare i cittadini e gli stranieri; e siccome ad Antiochia scarseggiò il grano "essendoci stata una terribile carestia a causa della siccità precedente", acquistò di sua tasca il grano dall’Egitto e lo diede alla città, facendo pagare un terzo in meno di quello che pagavano in precedenza.

Quello che voglio far notare è il sentimento di giustizia di Giuliano: ecco come comincia la sua lettera "Agli abitanti di Bostra":

Io pensavo che i capi dei galilei dovessero essere più riconoscenti a me che non a colui che mi precedette alla guida dell’Impero. Avvenne infatti sotto di lui che la maggior parte di loro fu esiliata, perseguitata, incarcerata; che inoltre, molti gruppi di cosiddetti eretici furono massacrati, come a Samosata, a Cizico, in Paflagonia, in Bitinia, in Galizia; che tra molte altre popolazioni vi furono dei villaggi saccheggiati e completamente devastati; sotto di me, invece, è avvenuto il contrario. Infatti a quelli che erano stati esiliati è stato rimesso l’esilio e quelli che sono stati espropriati hanno ottenuto, in virtù di una nostra legge, di recuperare tutte le loro proprietà.

I cristiani "eretici" furono trattati meglio da un imperatore pagano che da uno cristiano e nonostante questo preferirono un imperatore cristiano che li perseguitasse piuttosto di avere a che fare con un imperatore pagano che li rispettasse come cittadini. Quando si dice che il masochismo sia una prerogativa per i cristiani, ariani o non ariani, vedi l’esaltazione dei martiri! Probabilmente preferivano Costanzo a Giuliano poiché il primo forniva a loro i martiri, Giuliano no (il fatto che questi fossero masochisti non giustifica, né sminuisce i crimini compiuti da Costanzo o da chi per lui).

Veniamo al lato religioso. è giusto dire che Giuliano ebbe una punto di vista del tutto particolare sugli dei, d’altra parte coi tempi che correvano dovette far fronte ad un razionalismo senza precedenti; c’è da dire inoltre che Giuliano, avendo avuto un’educazione cristiana e neoplatonica, è logico che questa abbia influenzato il suo modo di vedere l’esistente. è errato però affermare che quello di Giuliano fu un "monoteismo solare", anche se la sua visione degli dei fu più filosofica che mitica. Nel suo "Inno al Re Helios" separa ogni singolo dio in due: quando parla del dio intellettuale intende indicare il dio visibile mentre quando parla del dio intelligibile intende indicare il suo archetipo invisibile (da 133 in poi). All’interno di quest’inno fa quest’osservazione (132A):

Per chi contempla il dio visibile è difficile, lo so bene, anche solo comprendere quanto sia grande l’invisibile; e dirlo a parole è forse impossibile, come se uno si accontentasse di stare al di sotto della dignità dell’argomento. Arrivare a un livello degno, infatti, so bene che nessuno al mondo lo potrebbe;

Giuliano ha ragione: in effetti ciò che per noi è visibile in un oggetto per quanto grande sia questo "vedere", è infinitamente più piccolo di ciò che per noi è invisibile in quell’oggetto, o per dirla meglio, ciò che per noi è percepibile in un oggetto per quanto grande sia questo "percepire", è infinitamente più piccolo di ciò che è percepibile in quell’oggetto dal resto dell’esistente e infinitamente più piccolo della realtà dell’oggetto stesso. Quello che non mi piace è questa separazione quasi netta fra "il visibile" e "l’invisibile" che lascia trasparire Giuliano nelle sue riflessioni, come se il dio "invisibile" fosse una sorta di doppio del dio "visibile". Scrive poi, sempre nello stesso inno (132C-133A):

Questo cosmo, divino e bellissimo, che dall’alto della volta celeste fino all’estremo limite della terra è tenuto assieme dall’indistruttibile provvidenza del dio, esiste increato dall’eternità ed è eterno per il tempo restante, da null’altro essendo conservato se non direttamente dal quinto corpo [l’etere, N.d.R.] – la cui sommità è il "raggio di sole" –; poi, a un grado per così dire superiore, del mondo intelligibile; e, in un senso ancora più elevato, dal Re dell’universo, nel quale tutte le cose hanno il centro. Questo invero, sia che convenga chiamarlo "ciò che è al di là dell’Intelligenza", oppure l’Idea degli esseri (e con ciò intendo l’intelligibile totale), oppure l’Uno (poiché l’Uno sembra in qualche modo anteriore alle cose), oppure il Bene (come è solito Platone), appunto questa causa incomposta di tutte le cose, per tutti gli esseri modello di bellezza, di perfezione, di unità e di potenza irresistibile, in virtù dell’originaria essenza creatrice permanente in lei, ha manifestato da sé Helios, grandissimo dio, in tutto simile a sé, grandissimo dio, in tutto simile a sé, per farne un mediatore tra quelle cause intellettuali e demiurgiche.

Dopodiché descrive gli altri dei come qualità dell’Uno e spiega come ognuno degli dei esprima Helios, quindi Helios è equiparabile all’Uno. Tutto ciò differenzia Giuliano dai pagani politeisti delle altre epoche. Cosa invece lo rende simile? Il suo sentimento di Giustizia! Nel suo "Contro i galilei" scrive (161A):

Che cosa c’è di più insensato se per dieci, quindici, facciamo pure cento – non diranno mille, ma poniamo pure che una tale quantità abbia osato trasgredire una qualche legge di quelle stabilite da Dio – era dunque necessario che per un solo migliaio ne fossero distrutti seicentomila? A me sembra che sia assolutamente meglio salvare un malvagio assieme a mille uomini onesti, piuttosto che far perire i mille assieme a quell’uno.

Giuliano, con queste parole si riferisce ad un fatto narrato nell’antico testamento (numeri, 25, 1-18):

Mentre Israele si trovava a Scittim, il popolo cominciò a darsi alla fornicazione con le figlie di Moab. Esse invitarono il popolo ai sacrifici dei loro dèi, e il popolo mangiò e si prostrò davanti ai loro dèi. Così Israele si unì a Baal-Peor, e l'ira dell'Eterno si accese contro Israele. L'Eterno quindi disse a Mosè: «Prendi tutti i capi del popolo e falli uccidere ed impiccare davanti all'Eterno all'aperto, in pieno sole, affinché l'ardente ira dell'Eterno si allontani da Israele». Così Mosè disse ai giudici d'Israele: «Ciascuno di voi uccida dei suoi uomini coloro che si sono uniti a Baal-Peor». Ed ecco uno dei figli d'Israele venne e presentò ai suoi fratelli una donna madianita, sotto gli occhi di Mosè e di tutta l'assemblea dei figli d'Israele, mentre essi stavano piangendo all'ingresso della tenda di convegno. Al vedere questo, Finehas figlio di Eleazar, figlio del sacerdote Aaronne si alzò in mezzo all'assemblea e prese in mano una lancia, seguì quindi l'uomo d'Israele nella sua alcova e li trafisse ambedue, l'uomo d'Israele e la donna, nel basso ventre. Così la calamità tra i figli d'Israele fu arrestata. Di quella calamità morirono ventiquattromila persone. Allora l'Eterno parlò a Mosè dicendo: «Finehas figlio di Eleazar, figlio del sacerdote Aaronne, ha rimosso la mia ira dai figli d'Israele, perch'egli è stato animato della stessa mia gelosia in mezzo a loro; così nella mia gelosia non ho sterminato i figli d'Israele. Perciò digli: "Ecco, io stabilisco con lui un'alleanza di pace,che sarà per lui e per la sua progenie dopo di lui l'alleanza di un sacerdozio perpetuo, perché ha avuto zelo per il suo DIO e ha fatto l'espiazione per i figli d'Israele"». Or l'uomo d'Israele, che fu ucciso con la donna madianita, si chiamava Zimri, figlio di Salu, capo di una casa patriarcale dei Simeoniti. E la donna che fu uccisa, la Madianita, si chiamava Cozbi, figlia di Tsur, capo della gente di una casa patriarcale in Madian. Poi l'Eterno parlò a Mosè dicendo: «Molestate i Madianiti e attaccateli,perché essi vi hanno molestato con i loro artifici mediante i quali vi hanno sedotti nel caso di Peor e nel caso di Cozbi, figlia di un principe di Madian, loro sorella, che fu uccisa il giorno della calamità per il caso di Peor».

Un dio che tratta uomini e donne come fossero delle zanzare fastidiose da ammazzare indiscriminatamente perché in mezzo a quello vi è una che ha punto, come lo si può pensare dalla parte degli esseri umani? Oltre questo, cos’hanno fatto di così atroce questi uomini e queste donne per meritare la morte? Sono stati ammazzati degli esseri umani solo per il fatto di essersi comportati da esseri umani! Più nemico dell’umanità del dio biblico non vi è nessuno. Giuliano, in "Contro i galilei", coglie ciò che è per me il nodo centrale, il sunto di tutta la bibbia; infatti dice (89A-93E):

E il fatto che Dio proibisca agli uomini da lui plasmati il discernimento del bene e del male, non segna forse il colmo dell’assurdità? Quale essere potrebbe risultare più stolto di quello capace di discernere il bene e il male? è evidente che non sfuggirà l’uno, cioè le cose malvagie, né seguirà l’altro, cioè quelle buone. Insomma, Dio proibì all’uomo di gustare la saggezza, della quale non potrebbe esservi nulla di più prezioso per l’uomo. Difatti, che il discernimento del buono e del cattivo sia attività propria della saggezza, è evidentissimo anche per gli insensati, cosicché il serpente fu più un benefattore che un distruttore de genere umano. Inoltre, questo dio deve essere chiamato geloso. Infatti, quando vide l’uomo partecipe della saggezza, affinché, dice, non gustasse dell’albero della vita, lo scacciò dal giardino dicendo testualmente: "Ecco, col conoscere il bene e il male Adamo è diventato come uno di noi. E che adesso non tenda la mano, non prenda dall’albero della vita, non mangi e non viva per sempre".

A cosa si riferisce Giuliano? Sempre all’antico testamento (genesi, 2,9):

E l'Eterno DIO fece spuntare dal suolo ogni sorta di alberi piacevoli a vedersi e i cui frutti erano buoni da mangiare; in mezzo al giardino vi erano anche l'albero della vita e l'albero della conoscenza del bene e del male.

(genesi, 2, 16-17):

E l'Eterno DIO comandò l'uomo dicendo: «Mangia pure liberamente di ogni albero del giardino; ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare, perché nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai».

(genesi, 3, 1-24):

Ora il serpente era il più astuto di tutte le fiere dei campi che l'Eterno DIO aveva fatto, e disse alla donna: «Ha DIO veramente detto: "Non mangiate di tutti gli alberi del giardino?». E la donna rispose al serpente: «Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; ma del frutto dell'albero che è in mezzo al giardino DIO ha detto: "Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete». Allora il serpente disse alla donna: «voi non morrete affatto; ma DIO sa che nel giorno che ne mangerete, gli occhi vostri si apriranno e sarete come DIO, conoscendo il bene e il male». E la donna vide che l'albero era buono da mangiare, che era piacevole agli occhi e che l'albero era desiderabile per rendere uno intelligente; ed ella prese del suo frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito che era con lei, ed egli ne mangiò. Allora si apersero gli occhi di ambedue e si accorsero di essere nudi; così cucirono delle foglie di fico e fecero delle cinture per coprirsi. Poi udirono la voce dell'Eterno DIO che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno; e l'uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza dell'Eterno DIO fra gli alberi del giardino. Allora l'Eterno DIO chiamò l'uomo e gli disse: «Dove sei?». Egli rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino, e ho avuto paura perché ero nudo, e mi sono nascosto». E DIO disse: «Chi ti ha mostrato che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero del quale io ti avevo comandato di non mangiare?». L'uomo rispose: «La donna che tu mi hai messo accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato». E l'Eterno DIO disse alla donna: «Perché hai fatto questo?». La donna rispose: «Il serpente mi ha sedotta, e io ne ho mangiato». Allora l'Eterno DIO disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, sii maledetto fra tutto il bestiame e fra tutte le fiere dei campi! Tu camminerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita. E io porrò inimicizia fra te e la donna e fra il tuo seme e il seme di lei; esso ti schiaccerà il capo, e tu ferirai il suo calcagno». Alla donna disse: «Io moltiplicherò grandemente le tue sofferenze e le tue gravidanze; con doglie partorirai figli: i tuoi desideri si volgeranno verso il tuo marito, ed egli dominerà su di te». Poi disse ad Adamo: «Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero circa il quale io ti avevo comandato dicendo: "Non ne mangiare", il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con fatica tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e triboli, e tu mangerai l'erba dei campi; mangerai il pane col sudore del tuo volto, finché tu ritorni alla terra perché da essa fosti tratto; poiché tu sei polvere, e in polvere ritornerai». E l'uomo diede a sua moglie il nome di Eva, perché lei fu la madre di tutti i viventi.Poi l'Eterno DIO fece ad Adamo e a sua moglie delle tuniche di pelle, e li vestì. E l'Eterno DIO disse: «Ecco, l'uomo è divenuto come uno di noi, perché conosce il bene e il male. Ed ora non bisogna permettergli di stendere la sua mano per prendere anche dell'albero della vita perché mangiandone, viva per sempre». Perciò l'Eterno DIO mandò via l'uomo dal giardino di Eden perché lavorasse la terra da cui era stato tratto. Così egli scacciò l'uomo; e pose ad est del giardino di Eden i cherubini, che roteavano da tutt'intorno una spada fiammeggiante, per custodire la via dell'albero della vita.

Quindi nella bibbia viene descritto il dio creatore come il peggiore nemico dell’uomo. Prima tenta di fregare l’uomo mentendogli, dicendo che se avesse mangiato dall’albero della conoscenza sarebbe morto, dopodiché, quando l’uomo conquista la sua conoscenza (grazie al serpente, di cui Giuliano comprende che "fu più un benefattore che un distruttore del genere umano"), questo dio (che ha una fifa matta dell’uomo munito di conoscenza) lo allontana dall’albero della vita eterna perché non diventi come lui. Giuliano ha ben compreso l’assurdità della bibbia:

E il fatto che Dio proibisca agli uomini da lui plasmati il discernimento del bene e del male, non segna forse il colmo dell’assurdità?

L’assurdità sta proprio nel fatto che i monoteisti si schierino dalla parte di un dio che è un distruttore del genere umano.

Ho voluto fare solo qualche piccola osservazione sugli scritti di Giuliano, ci sarebbe però ancore molto da dire, ho solo esposto ciò che maggiormente mi interessava mettere in evidenza del suo pensiero.

Concludo questo articolo parlando della morte di Giuliano, che avvenne a Ctesifonte mentre combatteva contro i persiani: l’imperatore, senza corazza di protezione, si gettò nella mischia per combattere e incitare i propri soldati; fu improvvisamente ferito gravemente da una lancia ma non si sa bene chi la scagliò; per Libanio, il colpevole fu Tajeno, un soldato cristiano che faceva parte dell’esercito romano. Giuliano morì nella sua tenda, a causa della grave ferita inflittagli, il 26 giugno 363. La diceria secondo la quale le ultime parole di Giuliano furono "Hai vinto, o galileo!" o "Galileo, hai vinto!" è solo un’invenzione dei cristiani e non è neanche degna di considerazione in quanto, né Ammiano Marcellino, né alcun altro scrittore contemporaneo a Giuliano, non ha mai fatto menzione di ciò. Con la morte dell’ultimo imperatore pagano venne interrotto il suo progetto di riportare alla luce le antiche religioni, poi, per oltre un millennio, nessuno seppe più niente di Giuliano, fino a quando, nel corso del quindicesimo secolo, ricomparvero alcune traduzioni in arabo di una sua autobiografia e di alcune sue lettere.

Non so come sarebbe evoluta la storia se Giuliano fosse vissuto ancora a lungo, chi dice di saperlo è un bugiardo, conosco solo l’evoluzione della storia dopo che quella freccia maledetta lo colpì. Quel fatto tragico spinse l’umanità verso un baratro dal quale un po’ alla volta ci stiamo tirando fuori, grazie agli sforzi dei più coraggiosi.

William Masiero

 

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