Giorno Pagano Europeo della Memoria

De errore profanarum religionum di Firmico Materno

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Firmico Materno, autore di un trattato di astrologia prima della sua conversione al cristianesimo, scrive il De errore profanarum religionum negli anni Quaranta del IV secolo. Nel periodo in cui scrive, il punto centrale delle opere cristiane rispetto alle altre religioni è riassumibile con l'imperativo "distinguere e screditare". Questa strategia, applicata da Firmico Materno come da altri, prevede di sottolineare le differenze tra il cristianesimo e quello che oggi chiamiamo paganesimo, al fine di tacciare quest'ultimo di superstizione, irrazionalità, indegnità di vario tipo.

Per poter operare la contrapposizione desiderata in maniera efficace, gli scrittori cristiani devono necessariamente presentare il paganesimo come un insieme molto più omogeneo di quanto non sia in realtà: ogni autore poi metterà in evidenza gli aspetti che gli interessano per il proprio discorso. Purtroppo, la scomparsa di molti testi precristiani in materia di religione fa sì che spesso oggi si debba ricorrere agli scritti cristiani per ricostruire la sensibilità religiosa antica. Questa operazione dovrebbe però sempre essere fatta tenendo conto appunto che il paganesimo presentato dagli autori da Firmico Materno in poi è un insieme che lo scrittore crea a proprio uso e consumo, non necessariamente indice di un mentalità antica che all'autore cristiano interessava demolire senza possibilità di appello e non certo renderne possibile la ricostruzione. Potremmo dire che i tratti caratteristici di quella identità culturale non cristiana a cui ci richiamiamo vengono esplicitamente definiti e descritti di pari passo alla spinta cristiana a distaccarsene e quindi in un contesto molto tardo rispetto alla loro origine e formazione: in precedenza, nessuna definizione di principi, descrizione di riti o elenco di divinità e loro attributi si era resa necessaria.

Ma Firmico Materno è anche il primo autore che si esprime esplicitamente a favore della distruzione fisica e con mezzi violenti delle altre religioni, con tutto l'astio che solitamente si attribuisce ai convertiti. Nel IV secolo la letteratura cristiana, forte delle concessioni che Costantino e i suoi figli hanno fatto e stavano ancora facendo alla nuova religione, passa dal genere apologetico, incentrato sulla confutazione delle accuse rivolte al cristianesimo, all'invettiva vera e propria. Nel giro di una cinquantina di anni dal periodo presunto di pubblicazione del De errore profanarum religionum si arriverà all'editto Teodosiano che proclama il cristianesimo religione di stato (380 e.v., Cod. Theod. XVI.1.2) e a quello in seguito al quale le varie pratiche pagane vengono proibite e si spegnerà il fuoco sacro di Vesta a Roma (391 e.v., Cod. Theod XVI, 10, 10), da cui la nostra celebrazione di un Giorno Pagano Europeo della Memoria.

Firmico Materno, già nel titolo della sua opera, compie la precisa scelta di chiamare "profane" le religioni che contesta. Sotto questo aggettivo riunisce la molteplicità dei culti pagani precristiani, per renderli sufficientemente omogenei da contrapporre loro il cristianesimo. Originariamente, "profano" indica soltanto qualcosa di separato dalle cose sacre, senza necessariamente un'accezione negativa. Sono Tertulliano e Lattanzio, rispettivamente nel II e nel III secolo, a definire per primi "profani" i culti non cristiani; Firmico Materno si colloca nella loro scia e poi "profano" diventerà uno dei termini privilegiati nel Codice Teodosiano per indicare i culti da abolire. Di ritus profanus parla anche l'editto del 391 che abbiamo citato nel paragrafo sopra.

Il De errore profanarum religionum si compone di due parti. Nella prima parte (che non ci è giunta per intero) si indica nella divinizzazione di astri, personaggi storici o fenomeni naturali l'origine dei culti pagani; nella seconda l'attenzione si concentra su alcuni aspetti, appartenenti per lo più ai culti orientali, che sarebbero il risultato del distorcimento, ad opera del diavolo, di aspetti del culto cristiano. Nell'introduzione a questa parte, Firmico Materno dichiara che esporrà "tutti" i simboli della religione "profana": in realtà si concentra che su un numero limitato di tratti, nemmeno comuni a tutte le religioni, ma vuole che il suo lettore pensi che questo sia il "paganesimo", l'"errore" contrapposto al cristianesimo.

Sicuramente non è un caso se Firmico sceglie proprio quelle caratteristiche e non altre, per definire l' "errore" che va a confutare, attingendo dai culti di Attis e Cibele, Mithra, Iside e Osiride, Bacco (che all'epoca di Firmico Materno, per quanto Dioniso sia una divinità greca e da lungo tempo associato a Liber Pater, viene piuttosto asssimilato ai culti estatici e iniziatici già citati). Secondo Robert Turcan, che ha curato l'edizione critica del De errore per Le Belles Lettres, la scelta di Firmico potrebbe essere determinata dal fatto che questi culti "nuovi" si andavano diffondendo rapidamente nell'impero all'epoca in cui scrive. Un'altra ipotesi vede le motivazioni di tale scelta nel fatto che si tratti di culti iniziatici e salvifici, quindi potenziali concorrenti del cristianesimo (cfr. Massa, Confrontare per distruggere nell'elenco dei testi a fine articolo). Potremmo anche dire che in Firmico si mescolano la violenza del convertito, che va a contestare una religione a lui estranea, e il rigore di quella classe senatoriale a cui probabilmente apparteneva e che non vedeva di buon occhio le "contaminazioni" di matrice orientale nei culti tradizionali, attaccandole così con maggiore facilità rispetto ad altri culti.

La presenza di formule stereotipiche nei culti avversati fa sì inoltre che Firmico Materno possa procedere ad una comparazione minuziosa tra queste e alcuni passi delle scritture cristiane: questo modo di procedere è una novità nel genere apologetico, ma funzionale all'affermarsi del cristianesimo come "religione del libro". Ancora più originale è la motivazione che Firmico dà dell'importanza di questo modo di procedere: nell'incipit dichiara di voler dimostrare che tutte le formule dei culti misterici sono state "fabbricate dal diavolo" (I, 1) a partire dalle scritture cristiane, per insegnare ai pagani una versione distorta di esse. Qui è evidente la rottura con il genere dell'apologesi: lo scopo del trattato non è la difesa del cristianesimo dalle critiche e accuse mosse dai suoi detrattori. I primi apologeti utilizzavano il mito greco o romano per sottolinearne gli aspetti osceni, ridicoli, fantasiosi e leggendari, screditando questa o quella figura divina. In Firmico, spesso nel confronto la divinità oggetto della formula di volta in volta contestata non è esplicitamente menzionata, si utilizza una parola o simbolo della citazione come spunto per il confronto con le scritture cristiane. Il confronto è sempre condotto più o meno allo stesso modo e allo stesso fine, per valorizzare alcuni aspetti della religione cristiana attraverso i suoi testi e denigrandone invece altri della religione pagana citata in quanto invenzione diabolica. Non è lo specifico mito che interessa, ma la sua generalizzazione alla religione pagana nel suo complesso, in modo tale che condannando il primo si condanni tutta la seconda, come se fosse quell'entità unica che sappiamo invece non essere.

Come in tutti gli altri autori cristiani che parlano delle religioni pagane, è comunque sempre la prospettiva cristiana ad essere proiettata sui miti e questo, vale la pena ribadirlo, deve essere ben presente nel caso in cui questi autori debbano essere utilizzati come fonti per una migliore conoscenza delle religioni pagane stesse. Da un certo punto di vista, il metodo di Firmico ci aiuta a meglio comprendere la necessità di questa prudenza; ce lo conferma inoltre il fatto che, come sottolinea Robert Turcan nell'introduzione al De errore profanarum religionum, Franz Cumont, l'autore del testo più noto sulle religioni orientali nell'impero romano (rispetto al quale sono stati ovviamente fatti diversi passi avanti nella ricerca e nella ricostruzione, trattandosi di un testo del 1929), segua lo schema proposto da Firmico.

Lo scritto di Firmico segna e si colloca ad una svolta non solo nel genere letterario dell'apologesi, ma anche e soprattutto nelle vicende storiche del confronto tra cristianesimo e tutte le altre pratiche cultuali e rituali. L'accento si sposta dal giustificare la legittimità dell'esistenza del cristianesimo al promuovere la lotta attiva a quello che i cristiani stessi definiscono paganesimo e, assegnando a quest'ultimo una chiara origine diabolica e perciò maligna, si pongono le basi ideologiche per la persecuzione e la distruzione nei secoli che verranno.

Per approfondire

Manuela Simeoni

 

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